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Similitudini

Mi ricordo. Mi ricordo lo sguardo sottile, quasi un sospiro di rimprovero, di un collega universitario. Quell’anno avevo troppe cose tra le mani, e trovarmi con un libro era ormai un evento raro. Lui sorrise. Ma era il sorriso amaro che si rivolge a chi affoga lentamente nella propria stessa vita. Avevo vent’anni. Ero ancora quello che si batteva per l’Agenda Rossa, che seguiva il fratello di Borsellino come si segue un santo in processione. La lotta alla mafia era stata la mia prima religione. Il mio primo atto politico. Il primo morso della realtà che mi aveva scavato dentro come un fiume in piena. A scuola, nel nostro quartiere, ci mettevano in mano un quotidiano come altrove si mette un rosario tra le dita dei bambini. Leggevamo di mafia, della sua architettura tentacolare, della sua capacità di insinuarsi nel cuore stesso dello Stato. Falcone e Borsellino erano i nostri martiri laici, le nostre icone civili. Ma di loro, più che le indagini, più che le sentenze, studiavamo — e temevamo — la solitudine. Quella solitudine che oggi nessuno ha più il coraggio di raccontare. Eppure era lì, proprio lì, il segreto della loro fine. Falcone, umiliato in diretta da Augias, che lo guardava con quella superbia educata che si riserva ai vinti. Borsellino, che negli ultimi giorni non dormiva più. Perché sapeva. Perché, quando la mafia ti isola, è solo questione di tempo. Prima ti tolgono la voce. Poi la dignità. Infine la vita. Non combattevano contro una parola astratta: “mafia”. Combattevano contro un sistema. Un campo di forze, per dirla con Bourdieu. Un sistema in cui i mafiosi, i veri mafiosi, erano pochi — ma bastavano a inquinare l’aria che tutti respiravano. Falcone e Borsellino erano due, soli, contro un intero mondo che faceva finta di non vedere. E quel mondo, alla fine, ha distolto lo sguardo. Oggi, con l’antisemitismo, è la stessa storia. Lo stesso meccanismo perverso. C’è un sistema che isola. Che marginalizza. Che disumanizza. Trasforma i giusti in fanatici, poi in pericolosi, poi in morti di serie B. Non servono le pallottole. Basta il silenzio. L’ironia che sminuisce. Le mani alzate che dicono: "Non è il mio problema". E le maggioranze? Quelle che si riempiono la bocca di spazi sicuri, di inclusione, di diritti? Sono le stesse che tacciono quando la minoranza sbagliata viene spinta verso il muro. Sono le stesse che si voltano altrove mentre si ripete, sotto nuovi nomi, l’antico peccato. Falcone e Borsellino sono morti due volte. La prima, quando li hanno lasciati soli. La seconda, quando abbiamo smesso di ricordare come sono morti. E noi, oggi, siamo ancora lì. Ancora pronti a lasciare soli i giusti. Ancora capaci di indignarci per tutto — fuorché per la verità che ci riguarda. Con altri nomi, con altre vittime, ma con le mani sporche della stessa, identica colpa.

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CONTINUO

 Quella sera sei tornata a casa con me, gioco aperto e, incredibilmente, mi sono comportato con gradevole simpatia, nemmeno una parola fuori posto o un gesto di troppo; quando un attimo prima di entrare nel portone mi hai baciato sulla guancia e mi hai sorriso ero ormai finito. Stasera è la stessa cosa ma non devo guardarti in viso: - Non durerà! - è la frase scritta dentro i tuoi occhi un attimo dopo il rush finale. Non è vero, non importa, ci siamo ci siamo stati, quell’amore è nostro, solo nostro Giulia, l’universo stanotte ci ha già portato via. Il blog è lì, mi rappresenta, non posso disquisire io sulla mia letteratura, sulla sua effettiva validità. Io quando scrivo sono fuori da tutto, non scrivo per nessuno in particolare apro il cuore e l’intelletto e mi lascio andare. Scrivere è la mia libertà non la baratterò con niente altro al mondo vorrei fosse anche quella di chi mi legge nell’attimo perenne dello sguardo che passa sulle parole. Ero così già a dieci anni, solo mia ma...

UN'IPOTESI -

Se ami non fai l’amore, ce l’hai dentro e lo tiri fuori, non ti vedi mentre lo fai e quindi non hai nessuna pruriginosa fantasia sessuale. Non c’è sesso nell’amore ma solo sviluppi trascendentali di una nobiltà eterna che hai come patrimonio da spendere. E lo spendi male, sempre. Il concetto di piacere sessuale sta stretto dentro il mio amore: prima no, prima ci stava benissimo ma era un’ipotesi.
L’amore era un patrimonio enorme e noi non potevamo contenerlo tutto…si apre un interruttore, un giorno, e poi a ondate la vita ti porta via come un fiume in piena e tu non puoi rifiutarti di essere diverso da prima!