Ordini blindati, caste autoreferenziali e associazioni di categoria che decidono senza essere elette. Una mappa del vero potere italiano, tra riforme bloccate e cittadini senza voce.
In Italia, il potere non si esercita solo nei palazzi della politica. Anzi, molto spesso si annida altrove: nelle stanze delle corporazioni professionali, nei corridoi delle associazioni di categoria, nei meccanismi opachi degli ordini che decidono chi può lavorare e a quali condizioni.
Dalla difesa dell’esclusiva notarile ai blocchi dei taxi contro Uber, dall’impossibilità di accedere a certe professioni senza passare per albi e commissioni spesso autoreferenziali, fino ai meccanismi che garantiscono a pochi il controllo di interi settori economici: l’Italia è stretta in una rete di poteri corporativi che paralizzano ogni cambiamento.
Cooptazione, non concorrenza
Le corporazioni moderne non hanno più i nomi medievali delle “arti” e delle “gilde”, ma conservano la stessa logica: chi è dentro decide chi può entrare. L’accesso è filtrato, regolato, e spesso ostacolato.
Ordini professionali come quelli dei giornalsti, avvocati, farmacisti, commercialisti, ingegneri o impongono esami, regolamenti, tariffe, norme interne. Ma ciò che nasce per tutelare la qualità si trasforma spesso in un muro contro la concorrenza e l’innovazione.
Il merito resta fuori. E con lui, chiunque voglia cambiare le regole del gioco.
Il rifiuto sistematico della riforma
Ogni tentativo di liberalizzazione si è infranto contro lobby potenti, proteste aggressive e un sistema politico troppo debole per resistere:
L’idea di ridurre il monopolio notarile? Seppellita da scioperi e pressioni.
Uber, NCC e piattaforme digitali? Puntualmente osteggiate dai taxisti con blocchi e minacce.
L’ordine dei giornalisti, unico in Europa nel suo genere, sopravvive nonostante le richieste di superamento.
Gli avvocati resistono a ogni riforma dell’accesso alla professione e continuano a blindare l’autoregolamentazione.
Ogni categoria difende il proprio orticello. E il Paese, intanto, resta fermo.
Associazioni di categoria: rappresentanza o potere?
Accanto agli ordini professionali, ci sono le associazioni di categoria, formalmente nate per rappresentare gli interessi degli iscritti. Ma sempre più spesso trasformate in veri centri di potere.
Confindustria, Coldiretti, Confcommercio, Confartigianato: presidi fissi ai tavoli ministeriali, interlocutori obbligati in ogni trattativa, spesso più ascoltati dei rappresentanti eletti.
Non tutte abusano del loro ruolo. Ma molte si sono trasformate in stanze di compensazione del potere, più interessate a trattare con lo Stato che a innovare i settori che rappresentano.
Il grande escluso: il cittadino
Mentre caste e corporazioni si contendono lo spazio politico, i cittadini restano fuori dal gioco. Giovani, lavoratori, imprenditori, professionisti non allineati: spettatori di un sistema che non li rappresenta, né li ascolta.
Vuoi fare il giornalista? Serve un tesserino. E un albo.
Vuoi aprire uno studio? Passa per l’esame di Stato.
Vuoi offrire un servizio innovativo? Trovati prima un cavillo che te lo vieta.
È una democrazia dove chi non ha una sigla alle spalle è un fantasma.
Un sistema che si protegge da sé
Questo groviglio di ordini, associazioni e rendite di posizione non è un incidente del sistema, ma il sistema stesso. Un compromesso antico tra potere politico e interessi corporativi, in cui nessuno mette mano per paura di pagarne il prezzo.
Chi ci ha provato – da Bersani a Monti – ha trovato davanti a sé un muro di gomma fatto di mediazioni, pressioni, proteste e ricatti elettorali.
O si riforma o si muore (socialmente)
L’alternativa è chiara: o si rompono i meccanismi corporativi, o l’Italia continuerà a perdere talenti, competitività, fiducia nel futuro.
Liberalizzare non significa distruggere le professioni, ma ridare ossigeno al merito, aprire spazi a chi oggi è escluso, fare spazio all’innovazione.
Perché dietro ogni "difesa della categoria" si nasconde spesso la paura di perdere un privilegio.
E chi oggi difende un sistema immobile, domani sarà il primo a pagare il prezzo del declino.
Le gilde medievali almeno costruivano cattedrali. Le nostre corporazioni moderne costruiscono solo barriere d’accesso.
Quella sera sei tornata a casa con me, gioco aperto e, incredibilmente, mi sono comportato con gradevole simpatia, nemmeno una parola fuori posto o un gesto di troppo; quando un attimo prima di entrare nel portone mi hai baciato sulla guancia e mi hai sorriso ero ormai finito. Stasera è la stessa cosa ma non devo guardarti in viso: - Non durerà! - è la frase scritta dentro i tuoi occhi un attimo dopo il rush finale. Non è vero, non importa, ci siamo ci siamo stati, quell’amore è nostro, solo nostro Giulia, l’universo stanotte ci ha già portato via. Il blog è lì, mi rappresenta, non posso disquisire io sulla mia letteratura, sulla sua effettiva validità. Io quando scrivo sono fuori da tutto, non scrivo per nessuno in particolare apro il cuore e l’intelletto e mi lascio andare. Scrivere è la mia libertà non la baratterò con niente altro al mondo vorrei fosse anche quella di chi mi legge nell’attimo perenne dello sguardo che passa sulle parole. Ero così già a dieci anni, solo mia ma...
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