Vorrei affrontare un tema complesso, consapevole della sua delicatezza. Di solito evito di parlare delle dinamiche politiche interne a Israele, ma la propaganda prospera proprio laddove si creano volutamente equivoci e confusioni. Così, alcuni chiarimenti oggi sono imprescindibili.
1. Il sionismo non è un blocco monolitico
Negli ultimi anni, figure come Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich vengono spesso presentate come i "volti del sionismo". È una rappresentazione fuorviante, che confonde le acque. Ben Gvir e Smotrich incarnano una deriva estrema, ultranazionalista e religiosa: il kahanismo, ispirato dall'ideologia di Meir Kahane, bandita dallo stesso Israele democratico.
Equiparare il kahanismo al sionismo nel suo complesso è come confondere il fascismo con il Risorgimento italiano: un errore storico e concettuale.
Il sionismo, nato a fine '800 come movimento di autodeterminazione e liberazione nazionale del popolo ebraico, è sempre stato un mosaico di correnti diverse: socialiste, laiche, religiose, liberali, anticolonialiste. È stato, tra le altre cose, una risposta concreta alle persecuzioni e ai pogrom, non un progetto monolitico né ideologicamente uniforme.
Ridurlo alla sua espressione di estrema destra serve solo a chi vuole delegittimare a priori l'esistenza stessa di Israele.
2. Netanyahu e il paradosso demografico israeliano
Benjamin Netanyahu non è un kahanista, ma un politico di centrodestra pragmatico, capace di alleanze anche scomode per mantenere il potere. Criticabile? Certamente. Ma è essenziale comprendere il contesto in cui si muove.
Israele sta affrontando una trasformazione demografica profonda:
I gruppi progressisti e laici, che hanno fondato lo Stato e ne hanno plasmato l'identità per decenni, registrano tassi di natalità molto bassi.
Le comunità ultraortodosse e nazional-religiose, invece, crescono rapidamente e acquistano peso politico ed elettorale.
Netanyahu ha semplicemente seguito i numeri. In un Paese dove la demografia si traduce inevitabilmente in geografia del potere, le scelte personali di oggi plasmano gli equilibri di domani.
3. Un fenomeno globale: denatalità e polarizzazione
Quello che accade in Israele non è un'anomalia isolata. In Europa e Nord America si osserva una dinamica simile:
Le classi medie progressiste, spesso più istruite e secolarizzate, hanno tassi di natalità molto bassi o scelgono di non avere figli.
Le destre identitarie, i movimenti religiosi, e in parte le comunità migranti, crescono demograficamente e politicamente.
Il risultato è una crescente polarizzazione: da un lato l'ansia da "sostituzione demografica" agitata dalle destre, dall'altro il tentativo delle sinistre di compensare l'erosione elettorale puntando sul voto delle minoranze e dei nuovi cittadini.
Come progressista senza figli, riconosco il paradosso: le scelte individuali, legittime e personali, producono effetti collettivi e politici che non si possono ignorare. Netanyahu non è un incidente, ma un sintomo di questo processo.
Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich non rappresentano la totalità degli israeliani, così come Marine Le Pen non rappresenta tutta la Francia, o Viktor Orbán tutta l'Ungheria. Sono il prodotto di specifici equilibri demografici e politici.
Definire "Israele fascista" è tanto superficiale quanto dire che l'Italia degli anni '40 fosse "comunista" solo perché il PCI godeva di ampio consenso nel Dopoguerra.
Criticare Israele, se lo si vuole fare seriamente, significa distinguere tra:
Sionismo e estremismo religioso.
Scelte pragmatiche e derive ideologiche.
Politiche governative e identità nazionale.
Solo così si evita di cadere nelle trappole della propaganda e si può affrontare il dibattito con la complessità che merita.
Quella sera sei tornata a casa con me, gioco aperto e, incredibilmente, mi sono comportato con gradevole simpatia, nemmeno una parola fuori posto o un gesto di troppo; quando un attimo prima di entrare nel portone mi hai baciato sulla guancia e mi hai sorriso ero ormai finito. Stasera è la stessa cosa ma non devo guardarti in viso: - Non durerà! - è la frase scritta dentro i tuoi occhi un attimo dopo il rush finale. Non è vero, non importa, ci siamo ci siamo stati, quell’amore è nostro, solo nostro Giulia, l’universo stanotte ci ha già portato via. Il blog è lì, mi rappresenta, non posso disquisire io sulla mia letteratura, sulla sua effettiva validità. Io quando scrivo sono fuori da tutto, non scrivo per nessuno in particolare apro il cuore e l’intelletto e mi lascio andare. Scrivere è la mia libertà non la baratterò con niente altro al mondo vorrei fosse anche quella di chi mi legge nell’attimo perenne dello sguardo che passa sulle parole. Ero così già a dieci anni, solo mia ma...
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