Era il 1968 avevo 16 anni ed ero figlio di emigranti colti del sud, leggevo almeno 5 volte di più dei miei coetanei milanesi e, soprattutto, leggevo in modo diverso. La mia biblioteca era piena di classici italiani, francesi, inglesi, era anche zeppa delle edizioni tradotte di ciò che arrivava da oltre oceano. Nel 1968 io sognavo e vibravo ad occhi aperti e litigavo con un padre autoritario, onestissimo e fascista. Quando 14 anni fa aprii un blog guardavo il fardello dei miei 60 anni trascorsi tra l’infanzia nell’isola, il 68 adolescenziale e durissimo a Milano e la maturità fra le braccia e il cuore del sud; accidenti, mi dicevo senza modestia, è un tesoro inestinguibile. E cominciai a scrivere. Ma un blog così fortemente autoreferenziale non può vivere a lungo, un blog così era l’esatto contrario del mio desiderio profondo di capire e farmi capire perchè io ho sempre scritto, per prima cosa, per me stesso: scrivere per me è sempre stato sfogliare un libro segreto ma personalissimo.
Quella sera sei tornata a casa con me, gioco aperto e, incredibilmente, mi sono comportato con gradevole simpatia, nemmeno una parola fuori posto o un gesto di troppo; quando un attimo prima di entrare nel portone mi hai baciato sulla guancia e mi hai sorriso ero ormai finito. Stasera è la stessa cosa ma non devo guardarti in viso: - Non durerà! - è la frase scritta dentro i tuoi occhi un attimo dopo il rush finale. Non è vero, non importa, ci siamo ci siamo stati, quell’amore è nostro, solo nostro Giulia, l’universo stanotte ci ha già portato via. Il blog è lì, mi rappresenta, non posso disquisire io sulla mia letteratura, sulla sua effettiva validità. Io quando scrivo sono fuori da tutto, non scrivo per nessuno in particolare apro il cuore e l’intelletto e mi lascio andare. Scrivere è la mia libertà non la baratterò con niente altro al mondo vorrei fosse anche quella di chi mi legge nell’attimo perenne dello sguardo che passa sulle parole. Ero così già a dieci anni, solo mia ma...

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