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Visualizzazione dei post da gennaio, 2025
Quel mobile era lì da tempo, nessuno ricordava più da quanto, nessuno sapeva nemmeno come ci era arrivato. L'armadio e tutto il resto abitavano quelle stanze da sempre apparentemente. Lui era tornato per riprendersi una cittadinanza che gli apparteneva; lo aveva capito una settimana prima mentre attraversava il silenzio di una vita e di una città straniera. Il pensiero aveva iniziato a farsi strada lentamente tra un caffè e certe discussioni di lavoro...una sensazione sottile ma precisa, quella di un'ultima occasione e di una scelta definitiva. Quanti anni aveva usurato cercandosi nelle vite altrui? Quante volte aveva denudato l'anima, spogliata, estroflessa, posata lontano da sè credendo di averne poi maggiore consapevolezza? Errori, errori voluti in parte, traduzioni difficili a negare una realtà semplice: apparteneva ad altro, a una dimensione che nessuno voleva condividere e la solitudine profonda della sua vita nasceva da lì da quell'esercizio che lo aveva allonta...
Ci sono decine di titoli in libreria che hanno come autori il politico di turno, l’attore, l’attrice, l’anchorman, il giornalista che improvvisamente vengono omologati al rango di scrittori ma ne sono lontanissimi. Un libro se è buono entra, ti obbliga a riflettere. E ti porta via.
Ungaretti a quattordici anni, quasi di nascosto chissà poi perchè. Ma dirlo ai ragazzi del pallone non era proprio il caso, io avevo una grande biblioteca a casa loro no e in più ero siciliano, dir loro di Ungaretti sarebbe stata l'occasione per alimentare un rancore subdolo che io non avrei saputo gestire. Negli anni a venire ci furono poi Pessoa, Emily Dickinson, Garcia Lorca, Neruda; attorno ai sedici diciassette anni causa innamoramento e società spuntarono Wystan Auden e Edgard Lee Master (complice un De Andrè favoloso). Non ha nessuna importanza dire qui di tutti gli altri ma ci sono stati e ci sono, forti e immanenti, la poesia mi ha trasfigurato l'anima e ancora oggi se leggo Montale o Sylvia Plath vado in luoghi di cui non ho mai scritto. Vorrei farlo, vorrei tanto che fosse questa la mia ultima fatica, il mio cerchio chiuso. Scrivere di poesie, riproporle e raccontare i loro autori perchè dicendo di loro finalmente parlerei di me in modo nuovo e più adeguato alla mia ...
Ho amato, profondamente e senza alcun ricambio: è l’unico modo per diventare uomini. Comprendere ad un certo punto della propria esistenza che ognuno è solo e che la fragranza di una donna è solo un meraviglioso dono fugace e non prevede appartenenze di sorta. Una ragazza è solo sua, mai apparterrà a nessuno: il legame sessuale è solo una parentesi che ha un senso in una dimensione di libertà.  Le donne non ci appartengono perché dividono un coito con noi, questa è un’idea che dalle mie parti è giunta tardi ostacolata dai profumi d’oriente.
Guardando fuori da qui verso il golfo aperto della mia città la cosa che mi viene più facile da pensare è un’estate infinita, stile vecchi tempi. Dilatata e sensuale ma lenta, lentissima, piena di me e della mia vita, dei miei segni e dei miei stupidi assiomi. E’ esattamente ciò che voglio, l’unica cosa che comprendo. Non è amore, è l’orgasmo che viene dopo e che nessuno vuole gestire perchè è meno romantico. La mia città che digerisce tutto e non si può comprare a nessun prezzo, la mia maledetta lezione di storia, di principi e comparse, di gloria e fine di tutto. La mia città che fra poco sarà di nuovo sotto quel blu cobalto delle sere d’estate che non hanno nulla di umano. Palermo punteggiata da campanili, guglie moresche e ville liberty. Palermo di Elvira Sellerio e di Totò Cuffaro, Palermo fuori dall’Europa e dalla Padania. Palermo che ricorda i ventiquattro dalla morte di Giovanni Falcone e l’Italia, lo Stato Italiano che incredibilmente sopravvive ad una strage che nessun paese ...
Nascondersi agli assassini dei sogni segreti è l’unico mezzo per sopravvivere. Almeno un po’. C’è un’altra certezza, è il risultato degli anni sprecati che adesso frusciano via al vento di scirocco: gli estremi, dopo essersi toccati, rimbalzano via lontano, l’intelligenza non paga, non abbastanza da modificare il tratto col quale tracciamo il cerchio.  Ma il cerchio esiste, non in questa dimensione, non per questa esistenza, non serve dirlo, non lo si può raccontare; la ragazza non suonerà mai più la sua musica. Dimenticare, dimenticarsi lascia poche tracce che non interessano a nessuno. Solo a chi scrive di lei e della sua assenza.
Le righe scritte o riscritte sono il riflesso di un concetto esistenziale che non prevede l’età ma la surclassa, ci gioca e pensa scioccamente di averla fatta fessa. Però dentro la mia vita “mentale” il concetto di errore è diverso e ha ragione chi dice che spesso amiamo le cose che apparentemente disdegniamo secondo la logica corrente; forse è solo il tentativo di nasconderle o proteggerle dai poliziotti dell’altra vita, quella in cui siamo debitori di qualcosa a qualcuno.
In questo redde rationem ci sono molte componenti, il blog con le sue vite in vetrina non ha meno peso dei miei pensieri in solitudine. E’ una sinfonia di voci finalmente indistinta e paritaria. E’ il suono che per un attimo breve si è fatto possedere dalla mia mente dopo avermi attraversato per anni. E’ la mia fine ed il mio inizio ciclico.  Siamo finiti tutti e facciamo finta di niente: alcuni di noi continuano a rassettare il proprio universo, io tra loro, a cullare con gli occhi il segno del proprio peso sull’esistenza. Ma è tempo perso perchè ci aspetta il tempo nuovo, le nuove stagioni della nostra maturità assoluta che prenderà il posto di questa finta giovinezza disordinata e ci inchioderà al sapore perfetto di quello che siamo stati.
E’ quando la luce vacilla e va via che arrivano gli altri colori. Tornano a grumi i ricordi come collane delle altre vite che io ho finto di dimenticare. Si riflettono in questa, danzano sui miei capelli, mi trascinano, timido, in un ballo pubblico sotto gli occhi di spettatori diversamente interessati. A volte rovescio il capo all’indietro e mi concedo. Allora è bellissimo, i cieli, le strade, le stagioni, i visi e le parole, mi sfondano il cuore senza farmi male. Allora io sono vero, senza luci di scena falsi eroismi, concrete paure. Sono quel che mia madre ama e teme io sia: un lucido errore che riconosce se stesso. Aspetto che gli astri terminino il loro ciclo, domattina non potrò dire di aver sognato non riesco mai a dividere esattamente i sogni dalla realtà, l’oggi da ieri, i miei occhi stanchi dai miei piedi di bambino. E’ di sera che il quadro si compone ed io che sono malato alzo il viso verso l’eco delle mie ombre in direzione del mio respiro lontano.
Gli ebrei che alla fine degli anni 40, dopo la seconda guerra mondiale, partorirono la brillante e romantica idea di ricreare il proprio stato in quella Palestina abbandonata 2mila anni prima fecero un grande errore di valutazione storico sociale. Le conseguenze sono adesso evidenti. Creare uno stato europeo a tutti gli effetti in una zona tutta islamica, una specie di avamposto occidentale completamente circondato dal’Islam, esportare cultura e modi di vivere odierni in pieno medioevo era scontato che avrebbe provocato un conflitto infinito.
Il bisogno dell'anima, il desiderio e lo stimolo fisiologico a mettere nero su bianco è insito in me da ragazzino, sono sempre stato cosi' ma se non fosse esistito il web con la sua esposizione pubblica così chiassosa io avrei scritto su carta per i fatti miei e tutto sarebbe stato portato su un altro piano. Qui non è possibile, non per me. Io credevo di aver trovato, sì lo credevo ma c'erano gli altri assetati di sangue, pronti a imporre la loro via, il loro senso, le loro dinamiche e a stravolgere la mia. Deluso? Delusissimo. Le mie pagine sono lì, saranno così fino a quando il potere elettronico lo permetterà. Non so chi le legga, non so più nulla, ho inserito la moderazione, poi l'ho eliminata, ogni tanto costruisco una nuova colonna sonora (è il mio unico diletto), cerco immagini, vi leggo e scappo via lontanissimo a implorare il mio sogno di non abbandonarmi per sempre, gli giuro che scriverò ancora di lui, sciorino progetti e spargo in giro fogli appena accennati...
In Sicilia l'elitarismo si pasce dell'apparente mediocrità umana circostante, ma è un'illusione fascinosa, la letteratura dei siciliani è sempre stata europea perchè "europee" e vaste sono sempre state le loro biblioteche.
Credo che scrivere sia per me fondamentale: lo percepivo confusamente già ai miei 7 anni d'età. Scrivere per capire e capirmi, per fermare l'attimo e non farlo morire.  Negavo il parlare? No, ma non funzionava allo stesso modo...o forse ero io a non capire; parlare faceva confusione, diluiva il tutto, non lasciava traccia. I gesti? Quelli erano e sono altra cosa, A volte elementari ma sempre statuari e definiti, qualcosa con cui confrontarsi senza ipocrisie. Ho vissuto migliaia di gesti nei miei 70 anni, alcuni sono rimasti impressi per sempre dentro di me e li rivedo come allora, li sento nel profondo, sono la mia vita vera.

UN SEGNO

Non è vero che si scrive sempre per qualcuno, per gli altri. Si scrive anche per se stessi, per andare in profondità a cercare la parte più vera, quella fragile, quella difettosa, quella che fa paura. Si scrive per restare in equilibrio sulle righe dei pensieri, per trovare un centro, per cercare risposte, per vedere le contraddizioni. Per ritrovarsi interi dopo un percorso che non finisce mai alla fine del foglio, ma continua tutto nella testa, negli occhi e si adagia sul cuore. Si scrive su carta, in rete, si scrive di giorno e di notte, si scrive in silenzio o nel chiasso più tremendo. Scrivere è un incantesimo, lo è sempre stato. DALLA RETE, O QUASI
Le donne sono una magia che di volta in volta molti di noi sciupano accontentandosi di mediocri spettacoli di prestigio: in verità temiamo il grande incantamento e il senso di perdizione che esso porta con sé. Così stupriamo invece di amare, limitiamo invece di liberare, ci comportiamo da maschi e abbiamo solo femmine mentre dovremmo essere uomini e confrontarci con le donne. Ho disceso le scale fino agli inferi e adesso li guardo da vicino: mi chiamano con voce insistente, beffardi e sicuri della loro vittoria. Resti tu, ci sei tu, così senza nessun altro orpello dell'abito che avevi allora, completo e luminoso, la mia ragazza lontana, il mio sogno maledetto e irraggiungibile. Tutti questi anni trascorsi a guardare la tua vita senza di me, le nostre vite buttate nella spazzatura senza neanche un vero senso. Mi agito come un vecchio scemo, quel che sono, ti chiamo nell'unico modo che conosco, non lo definisco perchè le magie si possono solo assorbire. Mia madre me lo diceva - m...
Francamente credo che il cammino sia segnato e in fondo non mi dispiace, scrivo e mi incazzo mille volte al giorno, ho un nodo qui dentro che si scioglie solo così compulsivamente per un breve istante davanti alla fila ordinata di questi segni neri su fondo bianco. Scriverò ancora, continuerò a farlo così come un vizio antico da cui non so liberarmi. Non è detto che risponda ai vostri messaggi… spesso non so cosa dire, perchè rispondendo a volte io perpetuo un rituale che rende risibile anche un’intuizione corretta: nascere è umano, perseverare è diabolico. Pare che io lo sia diventato.
Mio padre c’è stato in modo imponente, nel bene e nel male era uno di quei vecchi siciliani che ti attraversano da parte a parte con lo sguardo, un uomo che ti imponeva delle scelte anche nel linguaggio e mi ha costretto a combattere per le mie scelte diverse dalle sue… la lontananza che spacciamo per reciproca conoscenza! Ci sono due post che da soli sarebbero esaustivi per il senso della mia vita e della mia scrittura. Uno è questo.  Mio padre non lo avrebbe disdegnato perchè è breve e asciutto, avremmo poi litigato come sempre su tutto il resto, su questa sciocca esibizione del privato e sulla blogosfera in generale. Non ho più nessuno con cui litigare così. Ci sono sedie che restano vuote in modo definito e una parte di noi con esse.
Ogni estate diventiamo maggiorenni ed è una sensazione indimenticabile, sgusciamo fra i nostri errori e le nostre vittorie, ce le rimiriamo e facciamo finta di credere che sia per sempre, condividerle con gli altri è una fede. L’estate è sempre l’identica rivelazione che sale sul palcoscenico con presentatori diversi, la sua apparizione suscita reazioni varie che vanno dagli applausi scroscianti all ’incredulità silenziosa, ma la sua bellezza è sempre maestosa, a me lascia ogni volta incantato, senza fiato. Nei suoi paesaggi aperti, nei suoi colori decisi e in quel senso di prospettive eterne e ripetute che ci fanno ritornare sempre all’idea che tutto è possibile, che è solo questione di tempo e i cieli si apriranno per lasciarci vedere l’azzurro e le mille strade che lo attraversano. Abbiamo di nuovo diciottanni e nessuno potrà cambiare le cose, è come il primo amore, se ne andrà ma cambierà la nostra vita per sempre. Amori perduti è un termine che mi piace tanto. Dentro l’amore quell...
  La mia realtà intima dice altro a mio parere. Dice che ponendosi a contatto e in comunicazione col mondo esterno, uscendo verbalmente dal chiuso di una stanza, una tastiera e un computer, confrontandosi quindi, tutta l'enorme distanza tra il mio mondo intellettuale e il resto mi ha regalato una solitudine abissale e un senso di inutilità non gestibile. Parlo di distanza non di superiorità!   La malinconia resta, netta senza discussioni, tagliente e per molti versi distruttiva. Se mi leggete salta subito all'occhio. Ma il problema non si ferma qui, quello che mi distratto, incuriosito...stregato è stato altro. Io all'inizio usavo carta e penna, un foglio bianco e i miei segni neri, in silenzio e solitudine, soltanto io e la trasposizione in parole dei miei pensieri, non c'è cosa più affascinante della scrittura, non c'è cosa più duratura (purtroppo in certi casi). La scrittura diventò mia già a dieci anni. Era un fatto naturale, fisiologico, amato e protetto fino a...
Coltivavo l’idea di una comunità scelta, elitaria per necessità, aperta per educazione, solidale per esigenza umana. E non potevo farlo se non da qui, dal mio profondo e meraviglioso sud; la storia, tutte le nostre storie, mi sono passate accanto ed io le ho studiate ogni giorno, anche a vostra insaputa, le ho accudite e sorbite con il fuoco sacro della mia esperienza. Ma non è servito a nulla, non a lenire il dolore né a colmare le distanze, tutte le voci sono diventate via via dissonanti e stridenti.  Questa sinfonia si suona altrove e su un altro spartito. La nazione che io conoscevo, anche nei suoi migliori rappresentanti ha dovuto, voluto convenire ad altre scelte e adesso ritmicamente riproduce il refrain del federalismo, dello scollamento e della multietnia. E tutti i blog sono pieni di un cicaleccio continuo, di strane danze che manifestano il desiderio di essere accolti alla nuova corte da nuovi sovrani. Ed io non ho più nulla da scrivere se non la mia scostante estraneit...
Siamo una specie vivente di bassa qualità. Non fatevi ingannare dai discorsi celebrativi che i vari tipi di scimmie pronunciano tra loro senza nessun contradditorio: siamo una specie vivente mal fatta. Però abbiamo un grosso cervello, le sue dimensioni non sono eguagliate da nessun’altra specie su questo pianeta: un grosso e stupido cervello, una macchina che funziona bene, crea e immagina con grande potenza e poi improvvisamente si blocca, decade a livelli infimi e autodistruttivi. Forse il Creatore, se esiste, era distratto oppure si è stancato e ha lasciato lì la su invenzione per dedicarsi ad altro ma l’invenzione purtroppo ha vita autonoma, il Creatore l’ha voluta così con il libero arbitrio. Errore tremendo!
Col tempo navigai sempre più lontano dalla costa fino a distinguere con sorpresa che c’era una sola cosa ad attrarmi del sesso: l’ossessione del desiderio. Ho imparato quindi a cercare e a trattenere il desiderio, a riconoscerlo quando l’ho addosso. Ma dura così poco: mi abbandona facilmente e mi lascia vuoto ad osservare gli altri agitarsi per comunicarmi il loro struggimento.  Ma io non li sento, sono gusci vuoti, sprecano il loro tempo e non riescono a parlarmi. Cosa pensi sia la solitudine? E’ questa attesa fra uno sprazzo e l’altro, fra un errore e l’altro. Non è vero che sia il solo, l’unico sistema di confrontarsi col desiderio sessuale, ci sono persone che scelgono più o meno deliberatamente di amare sempre sé stessi in molte donne o uomini, di consumare compulsivamente il rapporto fisico , di mettere l’ennesima tacca sulla canna del fucile. Attendo che il desiderio mi appartenga altrimenti è inutile, non voglio partecipare all’amore come ad un evento mirabolante in cui com...
Il capitare dei gesti non è cosa da poco, accade poi che diventi il tuo gesto, diventi la traccia che non conosci , il passo che non vedi e che lasci quando ti affidi all’ora che ti riporta a casa e chiudi la porta su quel che non sai.
Non chiuderò del tutto le porte alla mia espressività virtuale, cancellare definitivamente ciò che si è scritto con passione e attenzione significa uccidere l’autore di quelle parole, in questo caso un suicidio. Mi piace pensare, diversamente, che una riga sopravviva al suo autore… a volte penso che mi piace anche l’idea che qualcuno se ne appropri e la faccia sua e anche questo è fuori dalle regole e dal galateo della blogosfera ma è un concetto difficile e pericoloso da definire. Quando arriva puntuale la sera io sfioro le superfici dei miei pensieri ad occhi chiusi per riconoscerli al tatto, per sentirli fluire, riconoscermi in essi e capire dove li ho traditi; non esiste palcoscenico adeguato a questo dietro le quinte, solo sussurri che giungono deformati dall’attesa e dal bisogno.
Più tardi mi innamorerò di un’altra donna fingendo di non riconoscerla poiché è sempre la stessa. Le dirò: " Sono qui, dai un senso alle cose che vedo, fa uscire la musica dai miei simulacri incantati ad immaginarti. Amami per nulla, per tutto, adesso così senza rendez vous, amami perché hai capito…o fingi con un sorriso che io sia ancora il ragazzo dai capelli rossi e gli occhi chiari che avresti potuto amare".

UNA COSA SENZA SENSO, ISTRUZIONI PER L' USO

Per molti di voi sembra una cosa senza senso: molti blog, gli stessi testi solo organizzati in modo diverso. C’è una gran parte di ragione. Però tutto questo non vi crea alcun fastidio e il vero problema, in qualsiasi modo io abbia organizzato la mia scrittura, è ben altro. Attiene ormai da molto tempo alla mia fine sostanziale come blogger, alla mia palese incapacità di relazionarmi con questo esterno virtuale e alle conseguenze prevedibili di tale difetto. All’inizio leggevo circa una trentina di blog ogni giorno e ne commentavo almeno una ventina anche se non vi era nulla da commentare! Avevo intuito che l’unico modo per esserci ed essere letto qui è visitare in modo visibile e tracciabile gli altri blog: non ci sono alternative alla lettura dei vostri post con commento a seguire. Il “like” è soltanto un succedaneo di poco conto. Commentare è indispensabile, presenziare una conditio sine qua non, se non ci riesci il tuo spazio torna ad essere un diario privato segreto non dissimile...
Giulia posso dirtelo? Sento ancora in fondo la tua musica… Tra di noi poteva finire con una delle solite constatazioni amichevoli di incidente di percorso… ti ho amato, è stato molto bello, risentiamoci, rivediamoci, ricuciniamoci... riscopiamoci! Invece abbiamo davanti un luminoso futuro di ricordi. Stai ricominciando Enzo! Vergognati!  Giulia, lo so con sicurezza assoluta, la mia solitudine adesso è perfetta, tutte le altre vite non bastano per dimenticarci…nemmeno io sono scivolato via. Tre secondi fa ho pensato a Giulia e a quanto l’ho amata: non la cercherò, non la cerco più da anni, ma pensarla mi ha sistemato il cervello: adesso le carte si sono tutte rimescolate tranne la sua. Perchè lei bara e vince sempre. E adesso silenzio, questa storia è finita. Inchino.
Scrivo per avere la sensazione d’esser vivo, faccio così da quando ero un ragazzino: scrivo per chiarirmi le idee…e amare di più. Ci sono due cose che mi aprono la mente, una penna e il mare, la prima è nella mia mano adesso, l’altro credo di averlo ficcato da sempre nella parte più profonda di me.
Sono trascorsi 14 anni, io torno qui, apro spesso i miei blog e me li riguardo pacato o acceso come certi momenti miei, rileggo, confronto e rifletto. C’è un fondo innegabile di malinconia ma essa è ormai un leit-motiv nella mia vita. Però la decisione presa resta per me ancora valida: del mio mondo e delle miei aspirazioni non c’è quasi più nulla nel paese dove vivo adesso ma questo non mi ha mai spinto ad ipotizzare esili più o meno assurdi, sono già sufficientemente alieno a me stesso.  Queste pagine sono il mio specchio, riflettono un uomo che non si piace più a sufficienza ma non può rinnegare se stesso. Il blog è una parte di me che non riesco più a far crescere come vorrei e che non mi aiuta più nell’interloquire con quelli di voi che stimo di più. Il blog vi dice alcune cose, importanti non lo nego, ma non le dice tutte. Sono un vecchio borghese meridionale aristocratico e demodè quanto basta per restare così: sospeso.
Ero magro come un grissino, il viso pieno di lentiggini, rossiccio di pelo e gli occhi cerulei sempre un po’ persi altrove. Cominciavo a tenere la penna in mano e non sapevo dove mi avrebbe portato. Anche oggi immagino, sogno ad occhi aperti, poi scrivo, cerco di trasportare la metafisica sul fisico della pagina bianca. Immagino infine la vostra lettura e, in mancanza di commenti, questa operazione torna ad essere metafisica. Questa è la scrittura: un volo immaginario. Questo sono io, l’immagine di un racconto non terminato.
Ciao domenica, perchè ti nascondi sempre dietro il sabato? Quando la finirai di prendermi in giro? Ci penso a volte che è tutto inutile e lo faccio ugualmente. Ci credo, sono talmente stupido da crederci nonostante tutto, così m’imbarco in questo rimasuglio di settimana, lo infarcisco di molte cose, una meglio dell’altra, sono appeso ad una musica che ho ascoltato da qualche parte. Dove non so, ma suona eh, suona in modo meraviglioso, diventa il mio pifferaio magico. Dovrei scrivere un post enorme altrimenti dove la metto la mia vita? Ho capito, ho capito, lascio un po’ di cose in giro, rimasugli di me, frammenti che spiegano e poi ti lasciano a mezzo, non dovrebbe essere così ma così è. Non sono più da nessuna parte; questa domenica che domani mi lascerà innamorato deluso si ripresenterà prima o poi.  – Non mi dai un bacio?  – Ti amo  – Io no  – Non importa, non importa mai. Accidenti, perchè non importa mai?  – Mi hai. Mi hai avuta. Non mi avrai mai più. Nessu...
Dopo aver scritto penso sempre che a queste righe non ne potranno seguire altre, che queste righe siano totali e intoccabili, sintesi perfetta della fine e del nuovo inizio: una clessidra e noi polvere là dentro. Questo mi uccide, questo è appunto l’ombra del silenzio per il quale non c’è descrizione possibile.
Non ci sono tante chances per l’amore, una o due e poi stop, poi solo i ricordi su una pagina, un post sugli amori perduti che vagano là in alto come personaggi in cerca di autore e non ne avrebbero bisogno. Qua in basso restano solo le conseguenze della perdita: un vuoto secco di anima, un disperato tentativo di far finta di niente. E le mani vuote senza più magia in attesa che venga il tempo giusto per poterne parlare in modo appropriato perchè l’amore alla fine è un patrimonio stupendo che resta come resti tu. Bellissimo e innamoratissimo un attimo prima del crollo di un’epoca, ma se giri la moviola al contrario e spacchi un fusibile diventa tutto un lunghissimo rallenty e lì dentro le donne sono di uno splendore assoluto e tu perfetto con loro in quel trailer.
Piove ininterrottamente da ieri. Col viso poggiato sui vetri della finestra disegno fiati e gocciole che pian piano scivolano giù. Non ho stagioni preferite in assoluto, piuttosto mi piace il loro alternarsi, il loro correre e trascorrere le une nelle altre. Come la mia vita e le vostre che sento frusciare dietro i separè degli indirizzi informatici. No, non è tristezza, sono solo acquattato sul battito del mio cuore. Attendo una risposta da una vita ma mi giungono solo frasi a metà, difficili da interpretare, più adatte a un malinconico ripiego che ad una scintillante avventura. Piove, meravigliosamente piove, l'acqua detta un ritmo diverso al mio tempo, lascia dentro di me pozze piene di riflessi tremolanti: vi sbircio dentro e l'uomo che sono ritorna bambino con dei contorni imprecisi e molti sogni ancora da afferrare. Prima del grande secco dell'anima.
Occidentale. Stanco di scrivere al vento e di far finta di condividere. Ucciso dalla inutilità di aver studiato e letto per decenni, di aver confrontato fonti diverse. Di aver amato il silenzio dopo la chiusura di un libro.  Occidentale del Sud, più vicino alla Grecia che a Berlino conosciute bene entrambi. Da Lampedusa ho lasciato sul confine del mare una lunghissima carezza, l’ultima che mi ricordi di me e di te amore mio. Stanco e guardo a oriente dove sorge ogni giorno la speranza. Occidentale.
Faccio la guardia a quelli che, infreddoliti, entrano in sala per fare in fretta colazione: escono dalla nebbia esterna per infilarsi dentro questa fatta di sigarette e cappuccini caldi. Controllo la mensa, non esiste cosa più stupida al mondo, non esiste attualmente uomo più stupido di me. Il freddo ha cristallizzato per sbaglio questo mondo di brina e case di pianura, ne avevo un ricordo ancora vivo ma ero andato lontano, a sud, alle mie radici; questo gelo mi impone coscienze diverse, sogni diversi, vite diverse. Controllo da ufficiale la mensa di questa caserma prima che tra un quarto d’ora suoni l’adunata e si alzi la bandiera, il mio spirito vola bassissimo. Non ci sono colori, non c’è un futuro visibile dentro questo inverno, nulla che rompa l’assedio dell’indifferenza di vivere. Io in fondo non sono nulla e mi confonderò tra poco nella nebbia uscendo sul selciato esterno.   – Un caffè tenente? –   Annuisco, lui sorride lo prepara e me lo porge sul bancone. Pr...
  Appartengo ad altro Le mie fibre tessute altrove Mi esclude da qui il mio resto antico Appartengo alle suppellettili scomparse della casa di mia nonna A quelle scale di paese All’odore d’ombra mentre fuori impazza il sole Appartengo a un sogno spezzato A un ricordo malinconico e feroce Appartengo allo sguardo complice di mia madre alla sintassi che mi insegnò bambino Alle rondini d’estate in terrazza sul profilo del mare Al silenzio dello scirocco appartengo Ai suoi mille motivi Alla sua consapevolezza in ritardo Appartengo per diventare apolide oggi estraneo domani Appartengo alle note di un pianoforte in salotto ai solchi di un disco in camera mia Anche tenendo saldi in mano I fili di un tempo andato La mia appartenenza mi ha escluso definitivamente Non vi appartengo e non mi basto più.
Ho letto molte cose in giro e la gran parte erano surrogati: chi scriveva imbrogliava e chi leggeva sapeva di essere imbrogliato e continuava per via dello share, l’audience, il pubblico, la gente. NOI. Stavolta ti scrivo per me, solo per me, ti scrivo per dirti che devi farmi innamorare di nuovo. Che non ne posso più di inutili desideri e altrettanto inutili coiti. Fammi innamorare, una sberla in pieno viso che poi stai lì mezzora a pensarci e a chiederti perche’,come?
Il momento era altrove, nessuno poteva conoscerne il destino. Le strade, gli oggetti, le parole, la luce sul marciapiede, il sole alto sopra il monte e la vallata, tutti i visi che sfilavano in una rassegna non richiesta. Una teoria lunghissima durata decenni ed ora la solitudine si è impossessata di te, crede di essersi presa tutto, lo pensano tutti e la ragazza lontana che non si ricordava più di se stessa fa finta di crederci allo stesso modo.
Mai detto che scrivere sia facile: è assai complicato, in alcuni casi ti impone scelte di fondo che possono isolarti dal consesso umano che frequenti. Siamo esseri fragili, il gruppo ci difende, ci serve, ci ipnotizza, ci blandisce...in fondo molti di noi pensano perchè andare controcorrente? Perchè dare voce alla nostra idea intima per infilarci in discussioni spinose, perchè rinunciare alle carezzine dell'ego che in fondo ci fanno un gran bene? Per diventare conformi alla nostra solitudine intellettuale di cui non frega niente a nessuno? Molto meglio glissare, tenere per noi stessi le nostre verità profonde, meno che mai scriverle pubblicamente se sappiamo che non coincidono con quelle in uso nei salotti che frequentiamo, molto più comodo metterci una maschera e continuare a recitare una parte che conosciamo bene. Dietro la delusione e l’agitarsi di questa sciocca apparenza a me è rimasta una quiete profonda, quella di certe sospensioni notturne adesso che la sera allungandosi re...
Ho trascorso una vita a scrivere anche molto prima di incontrarti e tu non mi hai mai letto. Ci siamo avviluppati per un certo numero di anni in una relazione vissuta, gesticolata, agitata dai nostri umori, urlata a muso duro talvolta. Ma mai scritta  Se ti avessi scritto e tu mi avessi letto avremmo capito prima e meglio, ci saremmo amati sul serio e non ci saremmo sfiniti nell’impotenza di non sapersi parlare.  C’è troppo sapore della tua pelle e dei tuoi capelli nella mia testa, troppo suono della tua voce e troppa inguaribile nostalgia dello sguardo che avevi quel pomeriggio lontano. C’è troppa letteratura vera per questo ho deciso di scriverti.  Ora sei abbastanza lontana per leggermi senza il fastidio di dovermi poi rispondere, so per certo che mi leggerai stavolta; non per capire ciò che non serve più capire ormai. Mi leggerai per amarmi senza condizioni e senza un tempo definito, senza il fastidioso imperativo di pensarmi diverso, mi leggerai per come eravamo. E s...
Il problema vero di un giorno come questo non è quello di aver memoria, ricordare, ma di capire e avere la forza etica di dire, mettendosi la testa fra le mani, Dio mio cosa abbiamo fatto! Ed espiare a lungo senza dare lezioni a nessuno, tantomeno di economia politica e ordine sociale.
Credeva di averne di più. A dir la verità non lo aveva mai considerato: il suo tempo nel tempo che viveva giorno dopo giorno.
Di notte anche i miei pensieri mi sembrano più grandi Si allargano spudoratamente oltre il confine delle mia immaginazione Non tengono conto delle mie ragioni dei miei dubbi Capire sembra più facile di notte scriverne più fluido, l’inganno della falsa comprensione più vicino. Di notte sono il pioniere di un nuovo viaggio là dove mi hai lasciato in balia di un sogno incompiuto.

NUMERO CIVICO 28, scritto di getto quindici anni fa mi pare un "chi è" perfetto

Infilò la chiave nella toppa senza alcuna esitazione, aveva esitato abbastanza nelle ore precedenti. Il palazzo lo conosceva bene, anche troppo, non ci entrava da quasi un anno, cioè dalla morte di sua madre; ogni tanto uno sguardo alla facciata passandoci davanti con la macchina quasi fosse un gioco, sciocco o macabro... non si era mai risolto a definirlo. - Dottore deve farmi un inventario delle cose presenti nell’appartamento mi scusi, serve per avviare le pratiche di successione, lo sa. - Lo so - Quindi se non le dispiace visto che le feste sono finite e anche la befana è trascorsa… - Quale befana? - L’epifania dottore, l’epifania - Ah, la manifestazione intende, la rivelazione - Come scusi? Lo sapeva perfettamente, in certi momenti era assente, con i suoi pensieri ciondolanti in un altrove personale di cui non importava mai niente a nessuno. Nemmeno a sua madre? Beh forse a lei qualcosa importava ma lei sapeva prenderlo, almeno fino a qualche anno prima. Quanti? - Dottore perdoni,...
Siamo finiti tutti e facciamo finta di niente: alcuni di noi continuano a rassettare il proprio universo, io tra loro, a cullare con gli occhi il segno del proprio peso sull’esistenza. Ma è tempo perso perchè ci aspetta il tempo nuovo, le nuove stagioni della nostra maturità assoluta che prenderà il posto di questa finta giovinezza disordinata e ci inchioderà al sapore perfetto di quello che siamo stati. Al di qua di questo blog c’è una stanza abbastanza grande che vive in un’apparente quieta penombra. I mobili hanno tutto il sapore e il colore che solo un certo tempo può regalare loro, gli oggetti posati su di essi raccontano la mia vita: spesso sono un racconto anche per me che credo di conoscerli bene. Al di qua di questo grande paravento informatico i bites svaniscono, perdono dignità, resta solo la scrittura; il nero su bianco scorre per me immutabile e vivo, mi prende quando sto per cedere all’accidia di vivere senza un senso, mi ama anche se io ho detto in giro di non amarlo più...